Arte topiaria

Solitamente intendiamo come “arte topiaria” (in una comune e semplificata definizione) la tecnica di potare determinate piante in forme obbligate al fine di ottenere elementi architettonici e ornamentali utili alla scansione e alla decorazione degli spazi: una sorta di tramite tra costruito e natura, di domesticazione matematica ed estetica della materia vegetale operata dall’uomo sin dall’antichità. 

La ritroviamo nei giardini di ogni tradizione, dall’antica Persia ai peristili pompeiani, dalle siepi scolpite dell’Alhambra, alle sinuose geometrie di Versailles; è presente nelle rarefatte simmetrie del giardino rinascimentale e nella ludica plasticità dei grandi parchi di divertimenti (Disneyland), nella terrazza high tech e nelle azalee in forma di nuvola dell’arte giapponese.

Nel corso dei secoli ha conosciuto momenti di grande fortuna (nel periodo umanistico alla sua riscoperta e diffusione contribuirono certamente le elaborate descrizioni di Francesco Colonna nel suo celebre Hypnerotomachia Poliphili; il Barocco la portò a vertici di virtuosismo ), e periodi di progressivo abbandono (ad esempio in seguito al diffondersi, a partire da metà Settecento, del giardino paesaggistico all’inglese, che mal concepiva siffatta costrizione di forme “contro natura”, considerandola, tra l’altro, manifestazione di cattivo gusto).

Tuttavia essa è talmente compenetrata nell’universo del giardino e dell’orticoltura da non esser mai venuta realmente meno, anzi, di quell’universo costituisce parte integrante anche quando non si manifesta in stravaganze fini a se stesse: la ritroviamo infatti in una semplice siepe di confine, in un albero da frutto allevato a spalliera o a candelabro, in una sfera di bosso, in un pergolato.

Reinventata con sapiente originalità da molti paesaggisti contemporanei (da Russell Page a Pietro Porcinai, da Jacques Wirtz al giovane Luciano Giubbilei), oggi si sposa con successo, nelle sue espressioni più essenziali, alle ultime tendenze del design e dell’architettura: pochi elementi, ma importanti; linee pulite, forme decise.

Nei grandi parchi, ma anche nei piccoli giardini e terrazzi, continua ad esprimere la sua forza architettonica, il suo ruolo di “struttura”, il suo potere di sottolineare gli spazi in un gioco eterno di contrasti con le forme più fluide della vegetazione lasciata crescere liberamente.

Le piante più adatte per l’arte topiaria, più facilmente modellabili, sono certamente quelle con internodi brevi (come camelia o mirto), con gemme latenti (cioè con gemme in dormienza capaci di aprirsi in seguito alla perdita, per potatura, della vegetazione della stagione corrente – ad esempio fillirea o alloro), e con spiccata capacità di sviluppare gemme avventizie (cioè di produrre gemme ex novo da un ramo o dal fusto già ben lignificato – ad esempio bosso e tasso).

Sono tuttavia parecchie le specie, sempreverdi o spoglianti, che possono essere impiegate per quest’uso, e il vivaismo contemporaneo offre molte soluzioni a pronto effetto, dalla siepe pre-formata ai treillages e cilindri di carpino, dai coni di tasso, agrifoglio, bosso, magnolia alle figure zoomorfe intagliate nel bosso o nel ligustro.

 

 

        

Bibliografia minima:

Topiaria – architetture e sculture vegetali nel giardino occidentale dall’antichità ad oggi, a cura di Margherita Azzi Visentini, Treviso, Edizioni Fondazione Benetton Studi Ricerche Canova, 2004.

Pierre Grimal, I giardini di Roma antica, prima ed. Librairie Arthème Fayard, 1984; Milano, Garzanti, 2000.

Pierre Grimal, L’arte dei giardini – una breve storia, prima ed. Paris 1974; Roma, Donzelli Editore, 2000.

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